Ma piantala! Flora e fauna delle Highlands dal giardino al tuo piatto
Una newsletter a km zero e con qualche moscerino da lavar via
È il weekend, e FINALMENTE dopo due settimane posso finalmente mantenere la mia promessa di scrivere una newsletter dai toni più leggeri, delicata come i petali di una rosa (ma le rose del mio giardino, che oramai vivono una vita anarchica, disordinata e indipendente). Insomma, da questo preambolo avrai inteso che, oggi, voglio parlare di piante.
Da milanese, queste creature leggendarie, che facendo attenzione si possono scorgere con la coda dell’occhio tra una colata di cemento e una strada (se non le spaventi con una clacsonata) mi hanno sempre affascinata.
Ma proprio perchè ho vissuto la maggior parte della mia vita in aree dove avere un giardino è un lusso o comunque non qualcosa di troppo comune. Le aree verdi ci sono ma sono limitate.
Inverness è un altro paio di maniche. Si tratta di una cittadina piccola e il suo centro storico è molto limitato. Attorno al centro vi sono diverse chiazze di zone residenziali, ma generalmente la zona è prevalentemente rurale.
Considerando che la Scozia non è nota per il suo clima asciutto, il verde tende a dominare lo scenario dei nostri dintorni. E da quando mi sono trasferita qui, la sensazione è quella di vivere in una comunità dove generalmente si è molto più connessi alla natura.
Prendiamo ad esempio il campeggio: tra le mie conoscenze, è raro trovare chi non pratichi il wild camping, ovvero campeggio in zone non attrezzate specificatamente per piazzare tende e bivacchi. Molti più giovani sembrano avere le capacità e dimestichezze per stare fuori in giro per le magnifiche vallate scozzesi.
Complice di questo è probabilmente anche il fatto che la Scozia è l’unico paese nel Regno Unito in cui esiste il right to roam, letteralmente il “diritto di vagare”, ovvero la possibilità di passare su terre di proprietà privata a patto di non lasciare traccia del proprio passaggio. In un paese dove la maggior parte delle terre è di fatto di proprietà privata, questo da la possibilità di andare in giro e piazzare la propria tenda senza infrangere la legge, ed è una libertà non da poco conto. Crescendo in un contesto in cui uno non ha restrizioni di questo tipo, campeggiare e stare più a contatto con l’ambiente circostante diventa più normale e anche più accessibile in termini di costi. C’è un lato un po’ più ‘selvaggio’ nel senso positivo del termine negli abitanti di questa zona: c’è più resilienza alle intemperie, e una conoscenza di piante e animali che vivono in zona che non ho mai riscontrato in altre città.
Complice questa tendenza, la bellezza dei fiori che si trovano qui in giro e magari la possibilità di risparmiare qualche sterlina, e la fortuna di avere questo ben di dio di piante in giro, mi sono fatta prendere anche io dalla mania del foraging, ovvero cogliere fiori e piante per friggereseli a casa e mangiare a gratis (più o meno). L’idea di raccogliere piante edibili per farne tè e leccornie non è nuova ovviamente, anzi. Ma è qualcosa che si ritrova nelle comunità di campagna e montagna (in modo serio) che nelle grandi città (insomma piante cresciute a Milano un po’ di schifezze purtroppo se le assorbono anche).
La prima gioia è stata trovare un pezzo del mio giardino che produce erba cipollina in quantità industriale. Non so se è stata piantata da qualcuno in passato, fatto sta che ne rimane sempre un bel po’.
La mia prima follia è stata vendicarmi sulle ortiche, piante che qui sono ovunque ti giri e in cui sono finita innumerevoli volte per andare a recuperare il mio cane a cui piace nascondersi nella boscaglia. Armandomi di pazienza e spessi guanti sono poi riuscita a farne un risotto mica male. Alla faccia loro!
Recentemente ho anche trovato un bellissimo percorso in cui crescono a iosa piante di aglio orsino (che qui si chiama wild garlic). In pochi minuti viene fuori un pesto molto molto gustoso. Un altro esperimento è stato fare il tè con i fiori di dente di leone del mio piccolo giardino).
A primavera, tutta la campagna attorno ad Inverness si tinge di questo giallo intenso, e nei giorni caldi l’aria si riempie di una fragranza di cocco e vaniglia. Sono i fiori di gorse, la ginestra spinosa, che stendono queste macchie gialle tra il verde. E io oltr ad ammirarle non pensavo che potessero anche essere usate in cucina.
Ci vuole un po’ a raccoglierne abbastanza e i guanti sono un must (e non dovete avere problemi a ritrovarvi con le braccia piene di graffi!), ma quella dolcezza e quel sapore particolare di cocco e vaniglia si possono usare per fare liquori ma anche una deliziosa panna cotta. Vi lascio la ricetta a fondo di questa newsletter: viene dal libro di cucina Kith, scritto dalla finalista di MasterChef UK Sarah Rankin, che è originaria di Inverness. Il libro è molto bello e se vi interessa provare piatti con cucina Scozzese stagionale (ci sono molte più leccornie di quello che ci dicono, giuro che non è tutto fritto!) è anche molto consigliato.
Ovviamente ci vuole anche un po’ di pazienza a lavar via moscerini e vari insetti che si sono depositati sulle foglie ma…ne vale la pena e in caso sono sempre proteine extra.
Il prossimo livello sarebbe andare a funghi, ma vista la mia ignoranza per ora mi limito ad ammirare gli esemplari che la piovosissima Scozia ci riserva durante tutto l’anno e a comprare le varietà più innocue al supermercato. Ma magari in un futuro prossimo…
Ovviamente non tutte le piante sono commestibili e alcune è meglio evitarle come la peste. Una pianta di cui ho scoperto l’esistenza vivendo nelle Highlands è la Giant Hogweed, che in italiano sarebbe la Panace di Mantegazza o panace gigante.
Questa è un’intervista che ho fatto qualche tempo fa a un addetto alla disinfestazione di questa pianta:
Può crescere fino a oltre tre metri di altezza ed è una bella rogna se si viene a contatto con la sua linfa: infatti produce un latice bianco che contiene sostanze fototossiche. Quando la pelle venuta a contatto con la linfa è esposta al sole, può produrre eritemi e vere e proprie piaghe, che possono anche ripresentarsi per anni dopo l’incontro con la pianta. Non è una pianta che si vede spessissimo in giro ma che può apparire abbastanza facilmente, per cui nei mesi a seguito di questa mia scoperta l’ansia era sempre un po’ presente. Oggi, mi guardo intorno e spero di non incoltrarla.
Per caso qualcuno ne ha mai sentito parlare in Italia? Fatemi sapere se avete avuto incontri del terzo tipo con questa piantona!
Gorse Pannacotta (da Kith di Sarah Rankin)
Infine, come avevo promesso - ecco la ricetta per la panna cotta alla ginestra spinosa!
(per circa sei porzioni)
Panna cotta ai fiori di ginestra
280 ml di latte intero
100g di petali di ginestra (solo i petali senza la base, che dà un retrogusto amarognolo)
600 ml di panna fresca
80 g di zucchero semolato
3 fogli di gelatina
acqua fredda
Procedimento:
1. Riscalda il latte in un pentolino (prima di bollire), togli dal fuoco e immergi i fiori di ginestra. Lascia in infusione per 4 ore.
2. Setaccia il latte e aggiungilo in un pentolino con la panna e lo zucchero, riscalda fino a ebollizione.
3. Ammolla la gelatina in acqua fredda per 5 minuti, fino a che diventa morbida e flessibile, quindi strizzala per eliminare l'acqua in eccesso.
4. Rimuovi il pentolino dal fuoco, aggiungi la gelatina e mescola fino a che non si scoglie completamente.
5. Versare negli stampini per panna cotta. Aspetta che si raffreddi e metti in frigo per almeno sei ore.
6. Quando la panna cotta ha preso corpo, immergi velocemente gli stampini in acqua calda e capovolgi su un piatto.
(e se la provi, fammi sapere come è venuta!)
Buona settimana e buoni dessert!
Federica