Ciao e buona domenica!
Un abbraccio da una calda e secca Scozia. Pare che questa sia la primavera più calda nel paese almeno dagli anni 60! E insomma, potersi crogiolare in giardino, o al parco leggendo un libro è una cosa tanto tanto bella. Quindi, se hai un volo per la Scozia nei prossimi giorni, potrebbe andarti tanto di…fortuna.
Ti saluto dalla scrivania lavorativa oggi, mentre mi godo un turno domenicale dopo una serata allucinante passata alla versione locale di Ballando Con Le Stelle: Strictly Inverness.
Strictly è uno degli eventi di beneficenza più conosciuti e popolari da queste parti.
Ogni anno, 12 coppie di partecipanti passano mesi a imparare a mettere un piede davanti all’altro a tempo di musica (e a qualcuno poi riesce anche bene) e a organizzare eventi di raccolta fondi per due associazioni locali.
Una è l’Highland Hospice, che si occupa di dare supporto medico e non solo a malati terminali e alle loro famiglie. In moltissimi da queste parti hanno avuto cari che hanno usufruito di questi servizi, ed è un’organizzazione molto ben voluta.
La seconda è il palazzetto del ghiaccio, in cui si svolge l’evento. L’Inverness Ice Centre è casa per i giocatori di curling, hockey e dei pattinatori-trici su ghiaccio (che invece sono bravini, il mese scorso sono anche venuti a gareggiare a Milano!).
E si tirano su dei bei soldini (l’anno scorso hanno fatto più di £250,000).
La finale è una serata di luci stroboscopiche, hit senza tempo (e urlatori isterici a questo giro). Se hai voglia di vedere una coreografia dei vincitori, la trovi qui.
Insomma, oggi del caffè ne ho bisogno come il pane.
Ma soprattutto, ieri è stato World Whisky Day, la giornata internazionale in cui si celebra questo meraviglioso spirito, e allora il whisky non poteva essere il tema di oggi.
E vai con la sigla!
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Storie distillate
Il sole del mattino riscalda la tenda, il tepore è un amico ben accetto dopo il fresco della notte.
È una giornata di tarda primavera, e la luce è arrivata ad illuminare il giaciglio già da un paio d’ore. Mi stiracchio, intorno a me il silenzio, oltre a qualche motore ancora non troppo sveglio, e un vociare sommesso di gabbiani, ancora rispettosi dell’ora. Un leggero filo d’aria riesce ad intrufolarsi all’interno della tenda.
Cerco a tastoni la zip per aprire l’ingresso, e lentamente il suono leggero delle onde si fa più intenso. Scosto la porta leggera, e davanti a me si apre un paesaggio da cartolina. Resto, ancora per qualche secondo, a contemplare queste acque.
È la prima volta che mi ritrovo a campeggiare per conto mio. Sono partita da Glasgow il giorno prima, con una tenda di seconda mano, zaino in spalla e tante speranze. Il mio unico compagno di viaggio, James Joyce. O meglio, un pupazzetto che lo raffigura. Fortunatamente, assemblare la tenda non ha comportato le scene tragicomiche che uno potrebbe aspettarsi. Almeno, io me le aspettavo.
L’anno è il 2018, e il mio giaciglio è a Port Ellen, uno degli insediamenti principali dell’Isola di Islay. Quella che il resto dell’anno è un atollo tranquillo, questa settimana si trasformerà in una festa — in Gaelico, Fèis (pronunciato feish).
Quando maggio incontra giugno, è l’ora del Fèis Ile, la festa culturale di Islay — e uno dei festival del whisky più famosi al mondo.
Per me, questa rimarrà un connubio di esperienze indimenticabili.
Sono arrivata senza un piano o una meta, semplicemente sperando di poter assorbire la magia di cui in tanti mi avevano parlato. Non ho una macchina, l’isola la giro o con uno dei pochi autobus disponibili, o facendo affidamento a qualche buon samaritano in strada. Per qualche breve minuto, le nostre vite si incrociano. Probabilmente per l’unica volta, ma ricordo con nostalgia questi momenti di condivisione senza sforzo e spontanea, con la possibilità di trovarsi di fronte ancora una volta a uno dei tanti eventi della settimana.
Se c’è una cosa che mi ha affascinato dal primo momento del mondo del whisky, è che è una vera e propria comunità, e le persone che ho incrociato sempre di una generosità e apertura squisita.
È un calderone di storie che scorrono tra un whisky e l’altro.
Dopo le prime visite in giro per l’isola, inizio a parlare con la mia vicina di tenda — anche lei è sola qui. Non ne ricordo più il nome, ma insieme ci siamo riuscite a imbucare a una serata alla distilleria di Laphroaig, per cui ci sarebbero voluti i biglietti prenotati in anticipo. Cosa che nessuna delle due sapeva. Eppure nonostante tutto siamo state accolte a braccia aperte, godendoci attività ludiche (una versione adattata degli Highland Games) come il lancio dello stivale nella botte e una degustazione a fine serata.
Al ritorno, ci danno uno strappo un gruppo di ragazzi su un pullmino. Scopriamo che sono israeliani, tutti in gita in Scozia, e due dei quali sono i fondatori della prima distilleria di whisky nel paese — Milk & Honey. Ci invitano al loro BnB (che si trovava in una zona ben abitata tra molti altri BnBs) e passiamo la serata a parlare e a provare whisky loro e altre bottiglie speciali che avevano portato e acquistato. (All’epoca eravamo riusciti non a evitare, ma a mantenere anche l’inevitabile discussione politica su toni più che civili. Il whisky penso abbia aiutato molto.)
E gli incontri non si contano sulle dita delle mani. Si interagisce nelle lunghe file, sui mezzi pubblici, seduti a un tavolo o ammassati in una warehouse — le barriere si sgretolano, vanno temporaneamente in letargo.
Islay è un melting pot cosmopolita durante il festival, con persone che arrivano da tutto il mondo. E quasi tutti felici di fermarsi a parlare. È un calderone di storie che scorrono tra un whisky e l’altro.
Da neofita, vago attorno all’isola e assorbo whisky e conversazioni (e qualche ostrica). Per me, nata e cresciuta in una città come Milano, fidarsi degli sconosciuti non è scontato, anzi. Eppure su quest’isola sento che la fiducia nel prossimo è ben riposta, senza quel senso di pericolo, la necessita insita di stare all’erta. Con le dovute precauzioni (siamo su un’isola molto affollata, e il buon senso deve sempre e comunque esserci). Ma questo sentirsi parte di una comunità e potersi lasciare andare, è un atto profondamente liberatorio.
E da questa leggerezza, da piccole scintille di connessione, nascono legami che durano negli anni.
Oggi, per questo World Whisky Day, volevo celebrare quello che il whisky e la sua comunità mi hanno dato. C’è il prodotto, da una parte, con tutti i pregi e le problematiche che porta. E poi c’è il mondo attorno ad esso, in cui ho incrociato persone immensamente belle, un sentiero che mi ha portato ad esplorare luoghi che risvegliano qualcosa nel profondo, a potermi aprire, ad essere più curiosa.
E questo non solo su Islay. Islay è una capsula, un’istantanea. Ma che mi porterò sempre dentro con felicità.
Consiglio della settimana 🎼
Allora, questa settimana ho un consiglio un po’ di nicchia, e una scoperta molto recente anche per me. Facendo una ricerca sulla line-up del festival musicale più importante delle Highlands, Belladrum, mi sono impattuta in questo progetto molto particolare.
Gun Ghaol, progetto nato dal musicista Colin Stone, è a detta sua unico al mondo nell’usare la lingua Gaelica all’interno di un contesto metalcore.
Questo per dare al Gaelico una direzione diversa dal solito tripudio di fiddle e cornamuse. Che io, come mi immagino molti di voi, amo molto. Ma è anche molto bello allontanarsi un po’ da questo e portare i suoni del Gaelico in un contesto sonoro molto differente.
Quindi, se ti piacciono sonorità un po’ più hardcore, questa è una bella chicca da ascoltare!
Buona domenica e, come sempre,
Sláinte!