Un acciaccato buongiorno o buonasera a te che leggi. Dopo essere stata lontana dai campi da rugby per tanto tempo, tornare a giocare una partita intera (in cui purtroppo le abbiamo prese male) si fa sentire tanto sulla schiena, le spalle, le gambe…un po’ ovunque.
Intirizzimenti a parte, oggi sembra essere tornato un clima autunnale, con un po’ di pioggia, qualche strato in più che non fa male, riscaldandosi con tè speziati e spalando quintali di foglie dal giardino.
Ad ogni modo, questa settimana ha aperto un nuovo ristorante qui ad Inverness, con un nome interessante legato al folklore locale (Beira, la Regina dell’Inverno, che leggenda vuole avesse punito per negligenza la sua domestica Nessa, trasformandola nel fiume Ness) e quindi ho pensato che oggi, in pieno autunno, una newsletter dedicata a una leggende locale che amo molto poteva cadere a fagiolo (e perchè no, accompagnato da una bella zuppa di fagioli).
Dunque, mettetevi comodi e iniziamo!
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Notizie della settimana 📰
Niente hard news oggi, ma volevo giusto accennare che questa settimana si è celebrata la notte dei falò, Bonfire Night o altrimenti nota come la notte di Guy Fawkes.
Chi ha visto V per Vendetta già saprà di cosa si tratta, ma per riassumere, il 5 novembre si ricorda una congiura da parte di rivoltosi cattolici che nel 1605 tentarono di far saltare in aria il parlamento inglese e uccidere il re all’epoca, Re Giacomo I. I cospiratori, capeggiati da Guy Fawkes furono colti in flagrante, torturati e giustiziati.
Come monito, dal 1606 si celebra questa notte dei falò.
Oggi Bonfire night si festeggia con grandi falò e fuochi d’artificio in tutto il Regno Unito, più per avere una scusa per festeggiare che come monito contro eventuali traditori della corona.
Qui ad Inverness il falò gigante lo fanno a Bught Park, tra il fiume Ness e il Caledonian Canal. Molto bello, seppur un po’ macabra come tradizione.
La collina di Tomnahurich
Quasi ogni mattina, camminando verso l’ufficio in centro o nella passeggiata con il pelomostro, c’è un punto particolare in cui amo soffermarmi e da cui si ha una bellissima vista panoramica di Inverness.
Guardando verso sud, siede placida la collina di Tomnahurich, una testuggine che emerge dalla nebbia nei giorni freddi, ricoperta dalle chiome verdi e scarlatte di una piccola foresta.
*(Ahimè è talmente bella e mi perdo talmente tanto ogni volta che la guardo che non ho mezza foto da ostrarvi di questo angolo partcolare, prometto che rimedierò settimana prossima.)
Mi ha sempre affascinato questo luogo. Un po’ perchè appare come un bastione a guardia della città. Un po’ perchè è su questa collina che si svolge una delle mie storie preferite legate a questi luoghi, e che ho sentito raccontare da una simpatica guida alla mia primissima visita quassù.
Tomnahurich, il cui nome significa ‘collina dei tassi’ in Gaelico (gli alberi, non gli animali, ma facile che ci siano entrambi) e che oggi ospita un cimitero, è infatti anche nota come Fairy Hill, la collina delle fate.
La leggenda narra che molti anni fa, due musicisti itineranti arrivarono ad Inverness in cerca di impiego. Ritrovandosi con le ragnatele nel portafogli (o analoghi oggetti usati all’epoca), si misero a suonare per le strade della città nella speranza di tirare su qualche quattrino.
Purtroppo gli Scozzesi sono conosciuti per essere i Liguri della situazione quando si tratta di soldi (in realtà sono super ospitali, ma stiamo alla storia) e i due musicanti rimasero al verde nonostante i loro sforzi. Il morale stava andando a picco, fino a quando non si avvicinò a loro un anziano. Quest’ultimo chiese ai due suonatori di violino di suonare quella sera, per un pubblico speciale, proponendo loro il doppio dell’ingaggio che avrebbero preso normalmente e con vitto incluso. Dovevano solo trovarsi con l’uomo presso la collina di Tomnahurich al tramonto.
I due, le cui pancie gorgoglianti molto probabilmente erano diventate uno strumento musicale a sé stante, ovviamente si misero a saltare alla proposta nonostante il gigno sinstro del vecchio che probabilmente si stava già fregando le mani come una mosca.
I musicisti fecero come gli era stato detto e si trovarono ai piedi della collina all’ora pattuita.
Qui il vecchio indicò loro l’ingresso e la via da prendere per addentrarsi nei meandri della collina. Una volta entrati, i due musicisti si trovarono davanti a una festa coi fiocchi, in uno spazio illuminato pieno di persone agghindate e felici, che li invitarono a mangiare dal banchetto regale che troneggiava davanti a loro.
Dopo aver mangiato e bevuto a sazietà, i suonatori di violino diedero il via alle danze, e suonarono per un pubblico in visibilio per ore ed ore, e bene come mai avevano suonato prima.
Alla fine della serata, i due ricevettero il loro compenso e furono riscortati fuori dal vecchio che avevano incontrato il giorno prima.
Una volta usciti dall’ingresso, questo era sparito. Davanti a loro, si ritrovarono un paesaggio completamente diverso da quello che pensavano di aver lasciato solo poche ore prima. Dove prima vi erano solo campi e bosco, una moltiudine di case ed edifici in stili bizzarri si stagliava davanti a loro, su nuove strade tra cui camminavano persone vestite con abiti mai visti prima. Questi passanti iniziarono a guardare con interesse i vestiti dei due musicisti e a ridere di loro.
Completamente disorientati, i due ripresero un po’ di colore in volto quando sentirono i rintocchi di una campana. Seguendone il suono, i due riuscirono a risalire fino alla chiesa da cui proveniva. Entrarono appena prima che il prete iniziasse a dire messa.
Ma, non appena questi menzionò il nome di Dio, i due giovani iniziarono a sparire, tramutandosi in polvere.
I due sventurati non avevan suonato un pubblico umano, ma per le fate di Tomnahurich, e quello che pensavano fosse stato il concerto di una notte, era invece durato cent’anni.
Ci sono varie versioni di questa storia in giro, con dettagli leggermenti diversi, ma da quando l’ho sentita (e anche perchè la collina ha in qualche modo un’aura un po’ mistica di suo), Tomnahurich ha un fascino particolare per me. E quelle vlte che ho passeggiato per i suoi sentieri, ho sempre fatto attenzione a non finire per sventura in qualche rave fatato.
Consiglio della settimana 📖
Oggi in realtà sto leggendo un bellissimo libro di storie brevi della poetessa e scrittrice Jackie Kay, chiamato Why Don't You Stop Talking, che è stupendo ma purtroppo non è stato ancora tradotto in italiano. Sono una serie di storie che parlano di varie persone (soprattutto donne), molto spesso parlando di malattia mentale e isolamento, solitudine e relazioni in cui queste non vengono ascoltate. Lo stile è molto simile a un flusso di coscienza in qualche modo, entriamo nella testa delle protagoniste (e dei protagonisti), e di momenti di alienazione da una vita in esso molto complessa. Un libro che farei leggere a molti perchè non si può, alla fine, non avere un po’ più di empatia per queste persone che non sono ai margini ma sono ordinariamente scendendo nel loro abisso personale.
Per chi vuole leggere della Glasgow degli anni 90, della sua classe operaia e d una realtà ruvida e complicata, vi consiglio Il Giovane Mungo di Douglas Stuart. È un libro per chi è forte di stomaco perchè non si risparmia descrizioni di realtà molto difficili, abusi e violenza: il protagonista, Mungo è un adolescente completamente dimenticato da madre (e padre non pervenuto) che si innamora di un suo coetaneo, James, e si ritrova a fare i conti con un mondo crudele, omofobo e e bigotto. Un mondo diviso da religione e violenza.
Uno dei pochi libri che mi hanno portato alle lacrime, viscerale è un termine che si addice a questa scrittura.
(In Italiano è stato pubblicato da Mondadori, insieme a un altro capolavoro di Stuart, Shuggie Bain).
Buona domenica e, come sempre,
Sláinte!